03/04/2012
La decisione è della Corte di Cassazione, che con una sua sentenza dei giorni scorsi ha rigettato il ricorso di un comune veneto che forniva assistenza a pagamento e che chiedeva il versamento di una retta considerevole alla famiglia. Una vicenda che si trascinava da ben vent'anni e che ora è arrivata alla parola finale: secondo i giudici per questo tipo di patologia assistenza e cura non si possono scindere e tutto è a carico del Ssn.
ROMA - I familiari dei malati di Alzheimer non devono versare alcuna retta ai Comuni per il ricovero dei loro cari in strutture per lungodegenti, in quanto si tratta di importi a totale carico del Servizio sanitario nazionale: questo perché il tipo di patologia non consente di fare distinzione tra spese per la cura e spese per l'assistenza. La sottolineatura arriva dalla Cassazione nella sentenza 4558: la sentenza ha respinto il ricorso di un Comune veneto che forniva assistenza a pagamento.
Con questo verdetto, i supremi giudici hanno dato ragione al marito e ai figli di una donna, ricoverata nel 1992 nella casa di cura 'Costante Gris' di Mogliano Veneto perché, per effetto dell'Alzheimer, non era autosufficiente e aveva bisogno di assistenza continua per tutto, anche per deglutire. Il Comune trevigiano di Carbonera, dove la famiglia risiedeva, aveva preteso una retta di quasi 2 milioni e mezzo al mese di vecchie lire solo per pagare l'assistenza, oltre ai costi del ricovero sanitario vero e proprio. Il Comune sosteneva che si sarebbe dovuto fare carico di tali spese solo se la malata fosse stata "indigente", ma non era questo il caso dato che i congiunti avevano un loro reddito e, dunque, secondo il Comune dovevano pagare.
In primo grado il Tribunale di Treviso aveva dato ragione all'ente locale, e aveva condannato i familiari a pagare la retta e quasi 50 milioni di lire per l'assistenza. Invece, la Corte di Appello di Venezia, nel 2005, annulla la condanna alle spese. Ora anche la Cassazione si schiera con le famiglie dei malati di Alzheimer e afferma che quando ci sono condizioni di salute che richiedono una "stretta correlazione" tra "prestazioni sanitarie e assistenziali, tale da determinare la totale competenza del Sevizio sanitario nazionale", non "vi è luogo per una determinazione di quote nel senso invocato dal Comune di Carbonera". Una simile distinzione tra gli aspetti della cura e quelli dell'assistenza, spiega la Suprema Corte, "presuppone una scindibilità elle prestazioni" che non ricorre nell'ipotesi dei malati di Alzheimer, che hanno bisogno di una "stretta correlazione" di prestazioni sanitarie e assistenziali, con "netta prevalenza degli aspetti di natura sanitaria". E poco hanno potuto ottenere i legali assunti dal Comune per l'udienza in Cassazione - tra i quali l'avvocato Luigi Manzi, uno dei maggiori civilisti - i quali hanno fatto presente che la giunta comunale si era adeguata alla Regione che suddivide il budget in quote giornaliere di spesa sanitaria rimborsabile, ad esclusione dei costi di assistenza. Per la Cassazione, in fatto di sanità, la legge che più conta «è il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana".
Fonte: www.superabile.it