09/12/2014
L’emergenza in questo Paese è un grande business, in tutti i settori, e il settore dell’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati non ne è esente, rappresentandone uno degli esempi più lampanti. Il punto di vista di un operatore sociale precario.
I fatti che stanno emergendo dall’indagine Mafia Capitale, in particolare quelli sulla gestione dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, non avrebbero dovuto sorprendere nessuno degli addetti ai lavori.
A Napoli li chiamiamo “segreti di Pulcinella”: tutti li sanno ma nessuno ne parla.
D’altronde, questo è sempre stato un Paese che sul diritto di Asilo ha avuto un approccio schizofrenico, se non strumentale. Se i Costituenti ci hanno dato l’articolo 10 della Costituzione, che sul tema rimane uno dei testi più avanzati al mondo, i successivi legislatori (ai quali non mi sento di attribuire analoga iniziale maiuscola) non si sono mai degnati (e non è un caso) di produrre una conseguente legge organica sull’asilo, lasciandoci fanalino di coda nell’UE.
Una prima sistemazione normativa abbiamo incominciato ad averla solo negli anni novanta, fino ad arrivare alla Bossi-Fini , che rimane una pessima legge sull’immigrazione (se non altro perché puramente ideologica), ma che almeno un merito lo ha avuto: aver creato e stabilizzato un sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, lo SPRAR.
Ma se in altri Paesi europei (che spesso continuano ad avere numeri ben più alti dei nostri, con buona pace dei media e di parte ormai maggioritaria della politica) i sistemi di accoglienza sono flessibili e in grado di affrontare qualsiasi entità del fenomeno, in Italia il sistema è sempre stato e rimane rigido.
Un caso? Ho sempre pensato di no. E questi giorni non hanno fatto altro che confermarlo.
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